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2013

RIECCOMI

Salve a tutti, rieccomi di ritorno dopo una pausa forzata dove ho fatto principalmente il Paziente in Ospedale. non che l’esperienza mi mancasse, ma ho rinfrescato tutta una serie di considerazioni…
una delle prime cose che ho fatto al momento della dimissione (dopo un ovvio lauto pasto!) è stata quella di redigere una lettera di ringraziamento allo staff Infermieristico / di assistenza e al personale medico. troppe volte, infatti, ci si scorda la cosa più ovvia, più di tutte le bottiglie, i panettoni ed altro ancora che viene portato in reparto. quel Grazie, non di ufficio, ma di riconoscenza faticosamente conquistato da chi, come noi, si impegna quotidianamente nel nostro lavoro. Ho riflettuto ed un po’ mi sono trovato deluso a pensare a quanti pochi “grazie” riceviamo nel nostro specifico settore.. le giustificazioni che mi son dato sono varie: il lavoro in situazioni di emergenza, il non vedere il Paziente se non per poche decine di minuti, o comunque per un tempo insufficiente ad instaurare un rapporto fra le persone, il tecnicismo esasperato che ci porta -a volte – a comportarci come “macchine” (assolutamente pensanti, certo!) per dare una risposta immediata… ed altro ancora. Però…però… ancora non riesco a capire se questo “grazie” le persone che aiutiamo non se lo sentano di dare, se abbiamo fatto male il nostro lavoro, se abbiamo in qualche modo deluso aspettative delle persone o più semplicemente se è un semplice malcostume del “tanto sei uno statale / ambulanziere / portantino, fai il tuo e vattene….” Forse son tutte le cose messe insieme, io non posso che continuare ad interrogarmi e a far del mio meglio, come credo, tutti noi che operiamo nei servizi 118, dopo aver faticosamente conquistato il diritto ed il privilegio di fare ciò che facciamo.
lo spazio per i commenti non manca…a voi la parola…

Terremoto capitolo 1 e capitolo 2 (il 29)

Ieri ed anche il 29, ricorre l’anniversario dei terremoto della bassa Modenese. io c’ero, dalle 4.40 (abito a 50 km dall’epicentro) assieme a tanti, anche a tanti colleghi. Nessuno si è tirato indietro. Ho visto colleghi mettere al sicuro la famiglia e correre in ospedale; ho visto colleghi mettere in salvo i Pazienti mentre tremavano le mura, ho visto colleghi gettarsi dentro un ospedale a recuperare defibrillatore e un minimo di materiale e le chiavi di una ambulanza scassata quando a fatica si riusciva a stare in piedi, ho visto colleghi andare ad aiutare a tirar fuori ossigeno dentro una buca a 2,5 metri sottoterra, perché lì era il magazzino bombole… bè SIETE STATI GRANDI, ENORMI, STUPENDI! avete fatto tutto ciò che ad un professionista si chiede, ed anche OLTRE. avete mostrato che tanto si può dare, e che quel tanto è ancor più amplificato quando si conosce bene dove mettere le mani, cosa avere, di cosa preoccuparsi. GRAZIE A TUTTI. rimane solo un piccolo sassolino nella scarpa…un sassolino che chiede perché tanti Professionisti siano stati così poco riconosciuti, ringraziati, premiati…ad oggi ancora…non si sa…

FIRST RESPONDER

Primo Soccorso

si parla tanto dei tempi del soccorso. l’ultima volta che ne ho sentito parlare è stato in occasione del festival di Sanremo, nella canzone di Cristicchi…quando parla dell’ambulanza “arrivata in ritardo”…
Se facciamo mente locale tutti quanti noi Professionisti (ma anche i volontari) sanno che vi sono delle patologie tempo-dipendenti. Tanto per citare un esempio noto ai più: l’arresto cardiaco.
Le Agenzie Sanitarie in Italia non sono, purtroppo, uniformi. Là dove troviamo tempi di risposta rapidi, zone cittadine coperte da servizi, abbiamo tempi di risposta di 8 minuti massimo. e le altre zone? per citarvi un’esempio, nelle zone montane della nostra zona (per certi aspetti veramente eccezionale) siamo a 15 minuti. Quale soluzione allora? uno dei punti fondamentali sarebbe la formazione capillare della popolazione. cosa difficile da farsi nella crisi attuale che sempre più taglia i fondi alla sanità (anche quella che cerca di funzionare ).
Una proposta alternativa e frutto di “pensiero laterale” (frutto anche dei miei lavori… 😉 Diffondiamo la cultura del soccorso di base ad ogni livello.Come fare? cominciamo a pensare “laterale”: milioni di prodotti giungono alle nostre case: volantini pubblicitari, prodotti del supermercato….e tanto altro… perché non allegare in ogni volantino, in ogni confezione di pannolini per bimbo, in ogni prodotto qualche nozione di soccorso di base? penso alle confezioni di pannolini per bambini: sarebbe così dispendioso mettere nelle confezioni una rapida guida di base alle manovre di disostruzione? ai prodotti per la pulizia di casa: numeri di telefono dei centri antiveleni e cosa fare in cado di … assieme alle norme di cosa fare in caso di ingestione (qualcuno già lo fa)…e ancora… alle confezioni di detersivo: due norme su cosa dire al 118 e le prime manovre di soccorso…ai calendari donati ogni anno: la procedura (magari staccabile da conservare) sulle procedure BLS.
Non credo sia difficile, nè impossibile.
manderò questo mio pensiero alle varie Aziende, alle Associazioni consumatori e ai Comuni…si sa mai che si trovi sui coltelli IKEA il concetto di scoop & run e come si tampona una ferita!

2012

INTEGRAZIONE, COLLABORAZIONE, PROGRAMMAZIONE, UNA PROPOSTA

pensieri della domenica

riflettendo sulla situazione locale della mia zona, e su quella generale dell’Italica terra, mi trovo a condividere spesso un sentimento comune.
I pensieri vertono spesso sui “soliti” temi: volontariato, professionismo, laureati specializzati, medici anestesisti, protocolli…e quant’altro.
La mia personale disanima parte da alcune considerazioni di base:
-fortissima frammentarietà dei sistemi di soccorso in italia, a partire da un ambito provinciale fino a quello nazionale
-frammentarietà ancor più accentuata se si pensa, di conseguenza, a protocolli di trattamento e percorsi terapeutici
-mancanza di un sistema centralizzato, a livello di macro aree e anche nazionale (numero unico di emergenza) di chiamata ed invio mezzi
-forte frammentarietà dei requisiti di formazione e aggiornamento sia a livello nazionale, ma a cascata, anche a livello provinciale
-mancanza di iniziative bottom-top per l’organizzazione dei servizi
che fare dunque?
sarebbe un bell’ andare avere una risoluzione di alcune di queste carenze:
-un numero unico per l’emergenza
-uno standard formativo a livello nazionale per il volontariato, che includa anche l’aggiornamento continuo del volontario
-uno standard che preveda un curriculum professionale ed un percorso formativo e di aggiornamento per i professionisti (l’ecm ha messo per ora solo una pezza)
-una politica di previsione e programmazione basata non solo su mere statistiche
-una politica fondata anche dal basso, con un maggiore e forte coinvolgimento dal basso degli operatori, SIA PROFESSIONALI CHE DEL VOLONTARIATO per gettare basi e proposte del sistema, anche a livello locale.
Girando un po’ per l’europa a far stage su altri sistemi di emergenza, quel che si nota rispetto al sistema italiano, non è la maggiore competenza tecnica, anzi in molti casi il personale italiano non è secondo a nessuno. quel che si nota è l’uniformità dei sistemi a livello nazionale, che alla fine, risulta un’arma vincente anche di fronte a magari minori capacità tecniche dei singoli.
Mi piacerebbe, giusto per cominciare, che ci fossero degli STATI GENERALI DELL’EMERGENZA SANITARIA, capaci di coinvolgere tutti gli attori della scena: Professionisti, Volontari e quant’altro, ognuno con il suo apporto e la sua collaborazione. Mi piacerebbe che queste cose venissero poi ascoltate e recepite, e ci si riflettesse sopra, e non parlo di fare intervenire presidenti e direttori generali (top), ma le persone che ci mettono le mani, che conoscono bene la realtà in cui si lavora (bottom) capaci di dare il loro contributo reale. Certo poi le proposte sarebbero da mediare, ma intanto si darebbe voce al fondamento del sistema di emergenza.
Tutto il resto poi può seguire, al di là della frammentazione attuale, anche conseguente ad una frammentazione dei sistemi sanitari che da nazionali son divenuti regionali, ed alla fine può recuperare e valorizzare risorse importanti.
Ho già scritto in proposito altre cose riguardo le zone remote ed il sistema organizzativo, purtroppo la mia è una sola voce, mancano le altre e certo internet, pur con tutta la sua potenza mediatica, non può essere l’unico mezzo: occorre incontrarsi, discutere, proporre e decidere, altrimenti possiamo fare altro, continuare ad essere divisi, spendere risorse economiche e sopratutto umane, sprecare energie e non dare ascolto alla missione principale del nostro lavoro, il Paziente.
saluti

Quanto costa il volontariato?

piccola ed incompleta disamina di una attività non del tutto gratuita.

Prima di tutto concedetemi alcune precisazioni:
il volontariato è una attività assolutamente encomiabile ed utilissima in qualsiasi ambito.
in secondo luogo: la maggior parte di chi opera nel mondo del volontariato lo fa senza secondi fini, con grande impegno e responsabilità, mettendo a disposizione il proprio tempo, e non è cosa da poco.
Fatte le dovute precisazioni, concentriamoci adesso sul tema dell’articolo. Il volontariato, da qualsiasi punto lo si veda, e come qualsiasi altra attività di servizio, ha un costo.
un costo che è di vario tipo: organizzazione, strutture, personale, risorse umane e via andare…costi che non sono in alcuna maniera eludibili, semmai compensabili, ed è qui che ci concentreremo.
quali sono (a grandi linee) i costi di una qualsivoglia associazione di volontariato pubblico di assistenza sanitaria di ambulanza?
di solito i costi sono: spese vive (acqua, luce, gas, telefono), spese della struttura edile (in affitto o acquistata), spese per servizi (pulizie etc…), eventuali spese di personale assunto e/o in servizio civile volontario, spese per attrezzature ed ambulanze, spese per la formazione di volontari e personale.
le entrate sono invece e solitamente: offerte e raccolte fondi, convenzioni con ausl, comuni, provincie (quando non con nazioni intere, vedasi CRI), donazioni volontarie.
in tutto questo le associazioni di volontariato sono enti soggetti a pareggio di bilancio, tenute cioè a spendere quanto introitato nell’anno fiscale, senza utili o passivi.
Già da questa breve disamina si può comprendere che la associazione di volontariato NON è gratuita per la comunità: Comuni, Provincie ed Aziende Sanitarie (o anche stati), cedono parte dei loro introiti (le nostre tasse) per avere in cambio un servizio.
Ci sono altri costi? secondo lo scrivente sì. sono costi nascosti, ma ben presenti in sede di bilancio economico sanitario e sociale.
Proviamo a fare esempi: in una determinata Provincia un Servizio Professionale garantito dallo Stato prevede standard qualitativi minimi, sia per il professionista che lavora, sia per l’utenza. Tali (costosi) standard, mirano a raggiungere lo “stato dell’arte” dell’assistenza, prevedendo corsi di formazione continua, verifica e revisione di qualità, percorsi specifici per l’utenza in particolari casi clinici.
Tale servizio può in questo modo, diminuire i rischi per il lavoratore, offrire un servizio sempre migliore ed in definitiva ed usando termini clinici migliorare “l’outcome” del Paziente, ovvero: ove presenti determinati percorsi assistenziali, garantire non solo la sopravvivenza del Paziente, ma di riflesso garantirne o la salute e la qualità della vita dopo l’evento critico – o quantomeno ridurre le spese che un Paziente costa al sistema per una cronicizzazione del suo stato di salute.
Semplifichiamo ancora di più: in una AUSL ove sia presente ad esempio un “protocollo stroke” (protocollo usato negli ictus), una centralizzazione immediata ed un allertamento del pronto soccorso di destinazione, che fa trovare tutte le risorse disponibili per risolvere o limitare i problemi del Paziente, consente, con tutta probabilità, una risposta clinica migliore con meno danni al Paziente stesso. Questo si traduce in minore spesa per la società.
Ora ripetiamo l’esempio con personale non specializzato. Questo personale deve giocoforza giungere ad un pronto soccorso il più vicino possibile alla zona di intervento. vuoi perchè non è richiesto a questo personale di garantire standard sanitari di un certo tipo, vuoi perchè si preferisce la tutela dei parametri di base del Paziente rispetto alla previsione del prosequio della sua patologia. In taluni casi il Paziente, dopo le analisi e le visite di rito, sarà inviato ad un reparto specialistico.
Le ricerche internazionali concordano che la non centralizzazione immediata porti ad un peggioramento dell’outcome del Paziente. se le cose van male il Paziente potrebbe trovarsi in una condizione assai peggiore e con una patologia cronica da portarsi addosso tutta la vita – emiparesi, disartria etc… tutto ciò ovviamente senza che il personale non specializzato abbia alcuna colpa, non è certo loro né la scelta né l’organizzazione dell’emergenza, tanto meno sono tenuti a prendersi certe responsabilità!
Ecco un caso (ma ce ne sono altri di esempi possibili) in cui vien fuori il costo nascosto nei confronti della società. Quel tipo di Paziente avrà tutt’altra qualità di vita, e costerà in maniera sensibilmente superiore.
Cari Amministratori, la spending review ha tagliato le gambe a molto. tra i concetti che vi sono contenuti, però, vi sarebbe quello di un potenziamento della rete territoriale (e non dovrebbe essere solamente rappresentata dalle cooperative di medici di base). Che ne dite di investire sulla rete territoriale ed abbattere i costi nascosti che prima o poi salteranno fuori? Che ne dite di puntare ad un progetto di rete sanitaria che includa il potenziamento dei collegamenti fra i nodi della rete stessa? (sistema host-hub)?
Ultima disamina. può una associazione garantire tutto cio? SI, ma a costi sensibilmente molto più elevati. Se un servizio costa meno, qualcosa in meno lo deve pur sacrificare, e non è un bel sacrificio, poichè gli esempi che vedo in giro sono di lavoro a contratto/obiettivo, scarso aggiornamento professionale del personale, straordinari fatti passare per ore di volontariato, taglio degli ausilii e della formazione preventiva per la sicurezza del lavoratore e quant’altro.
Concludo attendendo i vostri commenti, come sempre questo è un mio pensiero personale, e non voglio certo imporre la mia visione ad alcuno, ma spero in un modello diverso e tutelante, sia per chi lavora, sia per chi svolge stoicamente la sua vocazione di Volontario, sia e sopratutto, per chi è oggetto primo di ogni pensiero, il Paziente.
post-redazionale
ultimamente anche alcune associazioni di volontariato paiono aver preso con maggiore serietà il tema sopra descritto, con corsi più accurati e progetti di aggiornamenti continui, mi auguro che la cosa non sia a macchia di leopardo, ma penso sempre che un professionista e un servizio garantito dal servizio pubblico, magari integrati in maniera accurata, siano la soluzione migliore.

Morte di un’Ambulanza

(dolcetto o scherzetto?)

Pare che Halloween e la festa in onore dei morti abbia fatto una vittima.
Con un comunicato scarno, quasi ossequioso, da parte del coordinatore dell’Unità Operativa in cui opero, si annuncia il “superamento della postazione india xx”.
a parte che superamento di una postazione è un termine che sa molto di presa per i fondelli…superamento di cosa? di un servizio? un servizio professionale è superato quando qualcuno, qualcosa, la tecnologia o altro rendono obsoleto se non inutile il senso della cosa che sostituisce! e da cosa sarà mai superata questa postazione? non lo si dice chiaramente (lo si scopre solo nel riassunto delle postazioni a fine mail). Intanto si fa un bel panegirico su come la statistica sia contro un certo tipo di investimento in termini di postazioni, poi si sostituisce bellamente il tutto con POSTAZIONI DI VOLONTARIATO. proprio ciò che si dovrebbe evitare nel settore emergenza: la SOSTITUZIONE (non l’affiancamento – si badi bene) di personale PROFESSIONALE con personale MENO QUALIFICATO e non professionale, si avvera in nome di una economia di scala che, nel settore, è assolutamente deleteria.
Non ho una statistica alla mano, ma so quel che ho fatto personalmente in quella postazione, io ed i miei colleghi, e gli autisti (PROFESSIONALI, MA NON RICONOSCIUTI!): ho aiutato gente, a volte salvato o aiutato a salvare persone, e non lo dico per farmi vanto, ma la nostra PROFESSIONE E LA NOSTRA PROFESSIONALITÀ’ fanno questo DI MESTIERE.
Si aggiunga al danno (per la popolazione) la beffa del comunicato e della sua presentazione, quantomeno subdola, fatta senza consultare alcunché a parte la dirigenza della azienda sanitaria stessa: non son stati consultati i Sindaci del paese ai quali veniva tolto il servizio, né la popolazione è stata informata (ancora) della cosa, né tanto meno i Sindacati, perché, ricordiamo anche questo aspetto, una postazione in meno significa meno lavoro e meno ore, quindi meno personale.
Insomma una mossa coi fiocchi nella quale, nel giorno in cui si celebrano i morti, questi avrebbero fatto volentieri a meno di una maggiore probabilità di essere più numerosi.
Credo che il discorso della filosofia di fondo si possa applicare, tristemente, anche in altre parti dell’Italica terra nella quale capiti altrettanto… complimenti davvero!

Lezioni a chi?

Sento spesso recriminazioni nei confronti di chi fa insegnamento, in particolare al volontariato. Le giustificazioni, a dir la verità non sono molto scientifiche o “super partes” e si va da una becera presa di posizione in difesa dell’orticello (pari pari a quella che fanno altri sanitari laureati), ad altre non ben comprensibili giustificazioni.
La domanda che mi sorge spontanea però è questa: se non siamo noi, come categoria Infermieristica, a fare formazione, chi altro può insegnare l’Assistenza ?
l’Infermiere è una figura centrale nei sistemi sanitari avanzati, è quella figura a metà strada fra il teorico ed il pratico di tutti i giorni; la persona che ascolta, ma anche quella che agisce! e nel nostro settore in particolare coniughiamo il sapere con le mani. Siamo Professionisti molto “pratici”, ma con anche una base teorica importante, che applichiamo ogni volta.
Senza voler sminuire le professioni mediche, specie del nostro settore, noi abbiamo dalla nostra proprio la “praticità”, quel saper fare diretto sul Paziente.
Al punto 4 del Profilo Professionale de l’Infermiere si legge questo: ” L’infermiere contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente all’aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca.” E’ uno dei tanti passi importanti dello scritto.
Chi scrive ha rinunciato da qualche tempo ad un certo tipo di formazione, ma non ha rinunciato alla formazione al volontariato

Ricevo e pubblico

Ricevo e Pubblico volentieri questo nuovo portale che pare assai promettente… A mezzanotte ONLINE Nurse24.it. PARTE LA RIVOLUZIONE CULTURALE Comunicato Stampa L’idea dell’Associazione Culturale “ComuniCare”, nata a Rimini nel settembre 2012 NASCE NURSE24.IT, PARTE LA RIVOLUZIONE CULTURALE NEL CAMPO DELLA COMUNICAZIONE IN SANITA’ RIMINI. Nasce a Rimini il portale Nurse24.it (www.nurse24.it), diretto dal giornalista Angelo Riky Del Vecchio. Il sito è l’organo di informazione dell’Associazione Culturale e di Volontariato “ComuniCARE”, presieduta dall’infermiere ed informatico Ferdinando Iacuaniello e fondata a Rimini nel settembre 2012 da giornalisti, esperti di comunicazione, informatici e infermieri allo scopo di realizzare una piattaforma informativa nazionale che desse risalto al vasto panorama sanitario nazionale e non solo. Il coordinamento di redazione è affidato all’infermiere e comunicatore Gianluca Auriemma. Per la prima volta “artisti infermieri” salgono sulle piattaforme digitali di Internet per fare comunicazione e informazione a 360 gradi. Nurse24.it vuole diventare il punto di riferimento non solo per gli operatori sanitari (medici, infermieri, oss, tecnici ed altri), ma soprattutto per gli utenti finali del Servizio Sanitario Nazionale, i pazienti con i loro parenti e/o care-giver. E’ una sfida senza precedenti quella dell’Associazione “ComuniCARE” che già sta portando i propri frutti e che sta entusiasmando tanti colleghi giornalisti e delle professioni sanitaria da tutto lo Stivale italico. Il portale, va precisato, sarà in continua implementazione e alcune sezioni potrebbero essere allargate o addirittura soppresse e/o accomunate. Il nostro, non va dimenticato, sarà un giornalismo di proposta e non di protesta. Cercheremo di essere sempre sulla notizia e di proporre temi e dibattiti su argomenti di stratta attualità sanitaria. Siamo convinti che operatori e pazienti più informati e formati possano agevolare il Servizio Sanitario Nazionale nell’azione di prevenzione, cura, paliazione e riabilitazione delle malattie. Per concludere abbiamo coniato il termine “Nursereporter”, per indicare il giornalista-infermiere che è sempre più vicino al paziente informandolo correttamente. Vi aspettiamo su www.nurse24.it. Rimini, 1 ottobre 2012 La Redazione redazione@nurse24.it

TRE PER TE

Nell’Italica terra abbiamo delle norme (art. 167 dlgs 81) a tutela del lavoratore. norme fatte proprio sui carichi (intesi come peso) cui il lavoratore deve sottostare. queste leggi tendono a proteggere la SCHIENA (il 30% dei lavoratori soffre di dolori alla schiena). Da non sottovalutare che 25 kg di peso trazionati o sollevati male si traducono, col rapporto di leva formato da braccia e colonna vertebrale in circa 550 kg di peso. Vorrei chiedervi se nella vostra istituzione i parametri di peso vengono rispettati, ma conosco già la risposta…. intanto è già molto portare zaino, MONITOR/DAE, aspiratore, ossigeno, se va bene fra due componenti di equipaggio…figuriamoci quando devi portare il Paziente in Ambulanza (ok lascio perdere i metodi di trasferimento in barella P.S.). Appare abbastanza irrealizzabile dar retta alla legge, alla schiena e alla tutela della salute. come fare dunque? l’ideale, a mio modesto parere (IMHO) sarebbe avere TRE MEMBRI in equipaggio: un Autista, un Infermiere e un volontario. ognuno trarrebbe vantaggio dall’altro e si avrebbe una maggiore ottimizzazione dell’emergenza ospedaliera, sia in strada, sia a domicilio. Ovviamente siete invitati a partecipare! altro mio piccolo contributo…slides dlgs 81 (ex 626) per altro materiale relativo all’argomento potete scrivermi. saluti

Quale soluzione per il soccorso nelle zone montane

quale soluzione per il soccorso nelle zone montane e/o disagiate? il discorso interessa tante parti italiche, e si è cercato di dare varie risposte con vari modelli: servizi basati su chiamata dei volontari a domicilio, servizi professionali, servizi misti, servizi permanenti, coinvolgimento di medici di base e di guardia e via andare…il fatto è che ci si scontra con alcuni fattori apparentemente inconciliabili: 1) scarsa popolazione e diffusa su ampie zone del territorio 2) scarse risorse umane e tecniche 3) difficoltà orografica del territorio 4) bassa incidenza di interventi. come fare dunque a conciliare questi fattori ed erogare un servizio efficiente? vediamo un po’:A) il coinvolgimento di guardie mediche e medici di base nel sistema emergenza mi pare sia cosa ben fatta, dovrebbe essere obbligatoria però una formazione permanente sulle modalità di emergenza nei confronti di tali professionisti, che a questo punto, divengono il riferimento principale della risposta rapida. B) un sistema di emergenza suddiviso per area orografica e non solo per distanza sarebbe indicato, inutile mettere un’ambulanza ogni tot km, meglio vedere se quei percorsi sono facilmente raggiungibili o se non sia il caso di prevedere punti ambulanza più vicini. C) personale professionale? CERTO, sulle 24 ore, magari coaudivato da altri mezzi di volontariato, magari si può pensare ad un’auto con professionisti che possano velocemente dare supporto. INDISPENSABILE poi l’elicottero D) coagulare i gruppetti di volontariato, specie in montagna, dove il campanilismo non è del tutto sopito….utile favorire una certa collaborazione ed interscambio fra volontari di varie associazioni…altrimenti gli intenti delle varie sigle sono decisamente traditi! E) FORMAZIONE! a tutti i livelli: cittadini, volontari, professionisti….e PERMANENTE!

I VOLONTARI SONO CON NOI

 ennesima provazione, ma mica tanto però. Tra amici e conoscenti (e colleghi) vi sono tantissimi volontari avap, cri, misericordia ed anche di altre città e pure di altri stati. la maggior parte di loro ci invidia. è normale, è l’aspirazione avventurosa di molti, così come lo era far quel che faccio quando nel lontano 1984 ero in croce blu a modena come volontario. La maggior parte di loro conosce benissimo quel che facciamo e come lo facciamo e ci ammira. la maggior parte dei volontari vorrebbe avere il Professionista a fianco. In alcuni casi ho pure assistito al diniego da parte di ALCUNI Presidenti AVAP a fare emergenza senza Professionisti in supporto! Naturalmente sto parlando della base. di quelle persone che fanno questa attività in in maniera del tutto disinteressata e senza secondi fini. Da dove arriva dunque questa voglia di essere in primo piano? questa voglia di sostituzione dei Professionisti che pare abbiano tutti? questa considerazione che in fondo si fa la stessa attività? da parte mia ne ho sentiti pochissimi (si contano sulle dita di una mano)… lascio questi interrogativi bene aperti.

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