Accesso venoso con catetere periferico – fra mito e leggenda

Croce e delizia di ogni Infermiere, l’accesso venoso è spesso tra le prime operazioni, se non la prima, che si effettua, sopratutto in ambito di emergenza ospedaliera.BD

Avendo avuto la fortuna di lavorare in più realtà, ho via via acquisito le varie leggende, consuetudini, affermazioni dei posti in cui ho avuto il piacere di lavorare.

Innanzi tutto precisiamo che l’oggetto di questo articolo è il catetere intra venoso periferico classico, escludendo quindi gli accessi venosi a lunga permanenza, gli accessi venosi centrali, etc…

Cateteri venosi periferici, come sono

ago farfalla con accesso tipo CVP "intima (c) BD" fornita di mandrino e cannula

ago farfalla con accesso tipo CVP “intima (c) BD” fornita di mandrino e cannula

I CVP possono essere di vari materiali: teflon, polivinile, poliuretano, silicone, materiali proprietari (es vialon (c) derivato poliuretanico ) etc… ed assemblati in varie modalità: con supporti di fissaggio (alette traforate o meno), senza supporti, con sistemi di sicurezza anti puntura o addirittura costruiti a foggia di ago “farfalla” pur utilizzando la stessa concezione dei CVP (es. butterfly Intima (c) ). in tutti i modelli sono riconoscibili: una cannula, che rimane in sede; un mandrino metallico per attraversare la cute e forare la vena ed inserire la cannula, un sistema di aggancio standard per l’introduzione di farmaci / liquidi nel torrente venoso, solitamente di tipo Luer – Lock. Può essere presente o meno, un sistema di sicureza antipuntura di tipo automatico o manuale. L’agocannula può inoltre avere un secondo punto di accesso con valvola unidirezionale, utile per introdurre farmaci in bolo rapido, senza utilizzare siringhe e senza dover accedere all’accesso bidirezionale principale.

I  CVP sono adatti per un uso continuo/discontinuo pur se a breve termine di soluzioni / farmaci, in emergenza l’accesso al patrimonio venoso tramite un CVP è una dei fondamenti degli interventi avanzati (pur se si sta affacciando in maniera sempre più importante l’accesso intraosseo).cv

I CVP sono classificati in base al loro diametro interno, misurato in GAUGE (G), una misura non facente parte del SI e che indica quanti cateteri possono entrare in un cm2, per assurdo un G20 di una ditta, potrebbe avere caretteristiche completamente diverse da uno di un’altra ditta!!! A volte può essere indicata la misura in Franch (Fr) o Charrier (Ch) – sono equivalenti- il Franch misura il diametro esterno; 1 Fr (o Ch) corrisponde a 0,33 mm (9 Fr = ca 3 mm)

Altre indicazioni che trovate nell’etichetta sono a volte, le misure secondo SI espresse in mm, la lunghezza del catere, e sopratutto la PORTATA espressa in ml/minuto. Le misure del CVP sono identificate anche da un codice colore -stavolta internazionale- che vi suggerisce il calibro, dal più grosso (14 G), al più sottile.

Catetere Venoso Periferico in Emergenza… LA SCELTA

La scelta del CVP è questione dibattuta e fonte di leggende fra il serio, il consueto, e il faceto. c’è chi afferma che “più grosso è meglio è”, chi al contrario “più è sottile, meno fa male”, chi ancora ritiene che “grande Infermiere, Grande catetere” (!) parafrasando motti di origine chirurgica d’un tempo ^_^, ma levandoci dal campo delle leggende ed entrando in quello più serio della evidence based andiamo ad analizzare meglio la questione.

Perchè abbiamo bisogno di un accesso venoso periferico?

è la prima domanda che dobbiamo porci. Abbiamo una previsione che il Paziente necessiti di farmaci / liquidi a breve termine? è indispensabile tutelare il Paziente in quella maniera? Ricordiamoci che l’accesso venoso è comunque una manovra sanitaria (invasiva) e come tale deve essere giustificata da criteri oggettivi.

Sulla base della valutazione che avremo fatto del Paziente ed in base alle nostre previsioni sull’evoluzione del caso, applicheremo il device.

Quale scegliamo?

Ne abbiamo tanti, di tutti i colori e di tutte le misure. Sgombriamo subito una nota leggenda: PIU’ GROSSO , NON SIGNIFICA (sempre), MEGLIO.

1) Il sangue non emolizza su di un CVP 22G (non riusciremmo a fare alcun prelievo pediatrico!) al contrario, emolizza per numerosi altri fattori, tra cui: laccio troppo stretto e/o tenuto troppo a lungo, trasferimento di sangue da un device ad alro (es. siringa/vacutainer), shacking delle provette (magari energico), ritardo della consegna dei campioni al laboratorio, esposizione delle provette ad escursione termica, difficoltà nel reperire l’accesso venoso (con numerosi e ripetuti tentativi sullo stesso vaso). -2

2) se abbiamo fatto una corretta analisi della situazione del Paziente avremo un idea – a grandi linee e coi pochi strumenti a disposizione sull’extraospedaliero – dei bisogni del Paziente o della prima diagnosi, di conseguenza potremo scegliere la misura del device considerando:

  • quanti liquidi / farmaci dovremo infondere a breve termine in termini di ml/min
  • che tipo di liquidi / farmaci dovremo infondere a breve termine
  • il patrimonio venoso del Paziente
  • possibilità di reperire a breve un secondo accesso venoso periferico
  • possibilità di utilizzo di device diversi per infondere (es. IO)

come vedete non ho assolutamente incluso il periodo successivo a quello extra ospedaliero, per il semplice motivo che (mi ripeto) di default, l’accesso venoso reperito in emergenza dovrebbe essere sostituito nelle prime 24 / 48 ore -3

IV-Cathether-IV-Cannula-Interavenous-with-Injection-Port-and-WingsA parte Pazienti che potrebbero necessitare di grandi quantità di liquidi in breve tempo, come ad es. il traumatizzato, lo shockato, le rotture dei grandi vasi, in cui è bene provvedere a fissare anche due accessi venosi di grosso calibro (14 o 16 g x2), NON C’E’ LA NECESSITA’ DI USARE GROSSI CALIBRI di ago cannula, anzi , essi sono correlati ad una maggiore incidenza, a lungo termine, di fenomeni infiammatori intravenosi (flebiti) e a maggiori rischi di rottura vasale / stravasi. -3 oltre alla difficoltà tecnica di reperire ed incanulare un vaso adatto; ad ogni buon conto…quanti liquidi riteniamo il Paziente abbia bisogno nell’immediato o in previsione del trasporto? ogni CVP ha indicato i ml/min che può somministrare, quindi (IN MEDIA) un CVP 20G può somministrare 55 ml/min non a pressione, ovvero 50 ml/min considerando le resistenze di deflussori, densità di farmaci, rallentamenti di altri device (es. tre-vie) e attrito vascolare; 50 ml/min sono 3000 ml/ora che dovrebbero essere più che sufficienti per la maggior parte dei casi. Ovviamente un calibro di questo tipo NON E’ adatto ad infondere liquidi a pressione (comunque con velocità > di 55 ml/min), per i quali occorrono calibri maggiori.

I CVP hanno anche una lunghezza. Non vi è consenso su quale sia, in emergenza extraospedaliera, la lunghezza migliore. da un punto di vista assolutamente empirico, pratico e personale, ho notato che l’ago corto,  è più facilmente inseribile e gestibile rispetto ad uno lungo.

LA PROPOSTA CONTROCORRENTE

Nel Paziente con Shock, rischio o rottura di grandi vasi, politrauma et simila, ove prevediamo una grossa mole di liquidi da infondere, si scelga inizialmente un ago cannula di relativo piccolo calibro (20G) e di seguito un accesso di grosso calibro, così da avere una sicurezza di accesso venoso immediato ed un accesso secondario per infondere liquidi ad alta velocità. Propongo un primo accesso con un 20G per i ridotti tempi di reperimento dovuti ad una maggiore facilità di accesso venoso in emergenza; di seguito si potrà reperire un AVP di grosso calibro, o ANCOR MEGLIO, UN ACCESSO INTRA OSSEO, maggiormente sicuro e di facile reperibilità. Chi scrive, infatti, non vede l’utilità di ripetuti tentativi con aghi 16/14 G in Pazienti con ridottissimo patrimonio vascolare, meglio un accesso di calibro inferiore subito, ed un accesso vascolare importante in secondo tempo, sopratutto in caso di fallimento – dopo max 2 tentativi, ricorrere all’accesso intra osseo-6

La procedura e la vena da scegliere è….

(-1 -4 -5)

in emergenza extraospedaliera, solitamente, quella che si vede! al di là delle consuete raccomandazioni, che restano, quando è possibile adottarle, assolutamente valide, quindi se riusciamo:

  • lavarsi le mani prima di intervenire
  • utilizzo di antisettici con clorexidina 2% o jodofori al 10%
  • utilizzo di Vie Venose degli arti superiori
  • utilizzare accessi lontani da articolazioni e da lesioni cutanee / precednti stravasi
  • fissare l’accesso con una medicazione adesiva semitrasparente, in emergenza utile anche un bendaggio autostatico
  • utile inserire un tre vie o un deflussore con accesso secondario
  • sostituire l’accesso venoso periferico, sopratutto se reperito in condizioni di emergenza e senza procedura standard, nelle prime 24/48 ore
  • NON UTILIZZARE L’ARTO IN CUI E’ PRESENTE UNA FISTOLA ARTERO-VENOSA PER DIALISI

Miti, Leggende, Cuiosità e Aneddoti

  • la misura di gauge serviva e serve tuttora per dare una indicazione di misura dei fucili a canna liscia (ormai in disuso!) in relazione alle palle in piombo
  • l’agocannula più grosso (<20G) non serve a nulla, se non ad aumentare i rischi di flebite, di rottura delle vene e di stravaso, sopratutto in ambito intraospedaliero…più grosso E’ PEGGIO
  • l’agocannula un po’ più grosso può essere usato se prevedo che il Paziente dovrà utilizzare soluzioni di densità maggiore o avrà bisogno di terapia infusiva (es TAC con MDC)
  • se devo comprimere per non fare uscire sangue…comprimo a monte dell’agocannula, NON SOPRA!
  • vene del piede, della gamba o del collo in emergenza si possono reperire, si sostituiscono però nel più breve tempo possibilech01fig04a
  • le prime operazioni di accesso vascolare periferico prevedevano l’uso della sala operatoria, l’apertura della cute, l’isolamento della vena con punti di sutura ed il successivo incanulamento con con aghi metallici rigidi e lunghi e circuiti in cauciù
  • fino almeno a metà degli anni ’90 si disquisiva , in italia, se l’Infermiere potesse o meno reperire l’accesso venoso! (tuttora abbiamo figure come il “medico prelevatore”)
  • il primo catetere della storia vede la nascita nell’antica siria e derviava da un condotto ricavato da una pianta, quello recente invece, da Benjamin Franklin nel 1752 per aiutare il fratello malato, ma lo stesso Franklin attribuisce a Francesco Roncelli-Pardino dal 1720, la creazione del device
  • nel 1687 un editto della chiesa, ratificato anche in sede parlamentare, proibì trasfusioni tra uomo e animale (e viceversa)
  • l’80% dei Pazienti che entrano in ospedale riceve una terapia endovenosa

Author P. Formentini

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

1) Centre for healthcare related infection surveillance and prevention & tubercolosis control. Guideline Peripheral intravenous catheter (PIVC). Department Health Queensland Government 2013

2) giaravina, congresso sibioc 2012 ( http://congresso2012.sibioc.it/dia/07NOV2012_11.40_Giavarina.pdf ) ; Risk of hemolysis in blood sampling from peripheral intravenous catheter: a literature review – Danielis M – PMID:25392029

3) Quesiti Clinico-Assistenziali – anno 5, n.10, 2014

4) CDC ATLANTA Guidelines for the Prevention of Intravascular Catheter-Related Infections. August, 2002

5) Regione Emilia Romagna AZIENDA OSPEDALIERA DI BOLOGNA Policlinico S. Orsola-Malpighi DIREZIONE DEL SERVIZIO INFERMIERISTICO CENTRO STUDI EVIDENCE BASED NURSING EVIDENCE-BASED NURSING E PRATICA CLINICA http://www.evidencebasednursing.it/revisioni/SI10cvp.pdf

6) http://www.teleflex.com/en/usa/ezioeducation/index.html

 

lo scrivente non ha alcun collegamento con le ditte citate o linkate; questo articolo è redatto a solo scopo consultivo e non rappresenta in alcun modo indicazione medico/infermieristica/terapeutica, per il quale si rimanda ai relativi professionisti ed ai servizi istituzionali.

EGA per tutti

EGA2

( courtesy Mighty Nurse –  https://www.facebook.com/pages/Mighty-Nurse/227092644002528?fref=ts trad. amici del 118 P.F.)

Intraossea per tutti

 

 

qui tutto il materiale educativo e il corso on line (con certificazione) http://www.teleflex.com/en/usa/ezioeducation/index.html

ezio2

10 cose +1 che non sai sulle Iniezioni IM

Le 10 cose + 1 che non sai sulle Iniezioni Intra Muscolari

(tradotto e interpretato dal sottoscritto da un articolo di RN Kevin Pan http://www.mightynurse.com/9-facts-about-im-injections-you-may-not-know-stories/  – con qualche aggiunta del sottoscritto)

  • Il sito in cui si fanno più spesso le IM è il deltoide: facilmente accessibile, sicuro, non necessita di spogliare il Paziente
  • La classica “puntura nel sedere” (dorso gluteale) è il sito più pericoloso: il nervo sciatico e l’arteria gluteale superiore passano a pochi centimetri di distanza e, se colpiti, possono dare complicazioni dolorose, inoltre non vogliamo trasformare l’IM in una EV (ricordiamo la manovra di lasser, vero?)
  • Il tessuto adiposo varia da persona a persona. In uno studio effettuato sulle iniezioni IM Infermieri e allievi Infermieri hanno colpito il musco il 5% delle volte nelle donne ed il 15% negli uomini…altri studi affermano una corretta pratica nel 50% per il raggiungimento del tessuto muscolare, non proprio ottimale…
  • Gli Infermieri più anziani sbagliano più spesso, e scelgono spesso il dorso gluteo
  • Altro sito sicuro è quello ventro gluteale, quello che si trova facendo una “V” verso l’ala ischiatica, ponendo il palmo sull’articolazione dell’anca (il traduttore del presente articolo fa presente che vi sono variabilità nelle dimensioni dei Pazienti e delle dimensioni delle mani dell’Infermiere). Vi sono poche innervazioni e lo strato di grasso è quasi al minimo

ventro gluteal

  • Fino agli anni 60 tale pratica era riservata ai medici (lo scrivente fa presente che le endovene sono cominciate ad essere “per concessione” pratica dell’infermiere attorno agli anni 80)
  • La tecnica “Z Track” è ottima, solo, non tirate troppo la pelle

http://medicalvideos.org/videos/5998/intramuscular-injection-using-z-track-method

  • La manovra di lasser (aspirazione per vedere se vi è sangue e si è colpito un vaso) non è dannosa, ma nemmeno indispensabile! Non ha infatti grande attendibilità, fatela pure se ne siete abituati (molti protocolli la prevedono)
  • Non fate velocemente le iniezioni, non ce n’è motivo! Si dice di praticare le iniezioni IM in almeno 10 secondi
  • Il disinfettante NON è ad azione istantanea, peraltro, è altrettanto importante l’azione meccanica dell’atto (dall’alto verso il basso)
  • MAI RE-INCAPUCCIARE L’AGO!!!

 

Altre 10 Cose che  (forse) non sai sulle Iniezioni IM

Visto che vi è piaciuto il primo, proseguiamo..

  • I siti ove si possono fare le IM sono: dorso gluteale, antero gluteale, deltoide, esterno mediano della coscia (vasto laterale)
  • Ogni sito supporta solo determinate quantità di soluzione farmaco, ma NON VI E’ UNA RACCOMANDAZIONE SPERIMENTALMENTE CERTA DI QUANTO FARMACO UN DISTRETTO PUO’ ASORBIRE, una fonte ad esempio cita questa tabella:
    • Dorso gluteale 5ml
    • Ventro gluteale 4 ml
    • Retto femorale 5 ml
    • Deltoide 1 – 2 ml

In ogni caso le dosi variano, in base alla persona, alla sua morfologia ed al suo rapporto massa grassa / tessuto muscolare

  • Il Royal College of Paediatrics and Child Health (RCPCH) raccomanda di evitare il più possibile la terapia IM, e di evitare la sede dei glutei
  • Le sedi preferite per vaccini e terapia IM nei bambini / Lattanti sono il deltoide, e la antero laterale della coscia Non iniettare in regioni che presentino infezioni / infiammazioni / ematomi / raccolte
  • L’effetto del farmaco dipende dal tipo del farmaco, dal tipo di paziente, dalla sede dell’iniezione. In ogni caso non è mai immediato (almeno 30 / 40 minuti ci vogliono)
  • Alcuni diluenti delle IM sono anestetici (es. lidocaina)
  • E’ bene ruotare le sedi di iniezione
  • Nei protocolli di base è prevista, quando si aspiri da un flacona (tappo in gomma), la ricostruzione con un ago e l’iniezione con un altro ago
  • Le complicazioni delle IM sono tutt’altro che scontate e prevedono: ascessi, ematoma, lesione dei vasi o dei nervi periferici, formicolii / intorpidimenti, infezione, sanguinamenti, reazioni allergiche
  • L’alcool non è un disinfettante; evitarlo

Bibliografia essenziale

Usare gli strumenti – Il collare cervicale

Il Collare Cervicale

P.Formentini RN

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 Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

IL PRESENTE ARTICOLO NON VUOLE E NON PUÒ’ SOSTITUIRSI AL CONSULTO DI PERSONALE MEDICO SPECIALIZZATO E A PERSONALE INFERMIERISTICO SPECIALIZZATO, MA E’ FATTO A SOLO SCOPO DIVULGATIVO. CONSULTARSI SEMPRE CON UN UN MEDICO; UN MEDICO ANESTESISTA-RIANIMATORE; UN INFERMIERE, PER LE RACCOMANDAZIONI DEL CASO


Chiariamo innanzi tutto cosa è:

il CC è un presidio medicale d’ausilio nel OSIZIONAMENTO del rachide cervicale rispetto alla testa e al resto del corpo.

adesso vedia cosa NON E’: .

  • NON E’ uno strumento di “fissaggio/immobilizzazione” del capo
  • NON E’ uno strumento per la stabilizzazione permanente e sicura del capo
  • NON E’ uno strumento che si usa in maniera a sé stante
  • NON E’ uno strumento che può applicare una sola persona
  • NON E’ uno strumento privo di effetti collaterali
  • NON E’ uno strumento che si può / deve usare sempre, comunque, dovunque, in presenza di traumi

So bene che alcune affermazioni qui sopra avranno fatto storcere il naso a più di una persona, ma tant’è. Come per altri argomenti (ad es. l’ossigeno terapia), la revisione della casistica e della letteratura propone, oltre a nuove soluzioni, anche nuovi quesiti e nuovi modi di procedere di fronte a problemi che si ritenevano risolti .

Tipologie di collare cervicale

I collari cervicali possono essere classificati in vari modi. Le grandi famiglie di distinzione sono in genere: collari cervicali morbidi e collari cervicali rigidi; altro sistema di classificazione può essere fatto in base al metodo di costruzione fra: collari monovalve e collari bi-valva; inoltre i collari possono essere regolabili o a misura singola; pediatrici o per adulti.

Una prima importante nota: i collari pediatrici ed i collari per adulti SONO DIVERSI. Le proporzioni tra occipite e resto del corpo ad esempio, ovvero due punti fondamentali su cui poggia il presidio, sono diversi; la stessa proporzione della testa intera rispetto al corpo ha valori diversi da quelli di un adulto. In generale ad ogni Paziente va applicato lo strumento delle giuste dimensioni e caratteristiche .

Ogni strumento è poi corredato da istruzioni per l’uso, quindi sui collari bi valva in alcuni casi troveremo necessario fissare la parte posteriore prima della anteriore, in altri modelli potrà essere vero l’esatto contrario.

Non esiste un collare migliore dell’altro in assoluto (tralasciando i collari morbidi che sono, in emergenza, abbastanza inutili). Esiste il compromesso più o meno utile alla casistica della zona, alla comodità di trasporto, alla facilità di apprendimento e applicazione da parte del personale e, non ultimo, dalla convenienza economica. Ancora una volta ricordo che è uno strumento di posizionamento, non di immobilizzazione, quindi uno strumento assolutamente TEMPORANEO.

Come si applica il collare cervicale

Bisogna sempre attenersi a quanto prescritto dal costruttore del presidio. le manovre sono diverse a seconda del modello scelto. esistono comunque delle procedure generale che andrebbero sempre rispettate.

  1. valutare lo scenario (sicurezza)
  2. approcciare il Paziente, immobilizzare il capo e spiegare cosa si sta facendo
  3. valutare lo stato di coscienza
  4. liberare il collo da vestiti, catenine, cravatte etc…
  5. valutare sia visivamente che con palpazione se vi siano sfondamenti, ferite, modificazioni morfologiche importanti in qualunque punto del capo e del rachide, valutare se vi sia dolore (spontaneo o indotto), valutare se vi siano sanguinamenti o fuoriuscite di liquido (liquor) da orecchie e naso; valutare presenza di segno di beattle / procione; valutare la dinamica dell’accaduto, controllare la trachea, le vie respiratorie del Paziente e le pupille; valutare in toto il collo, il volto, la testa del Paziente
  6. scegliere il collare correto (pediatrico o adulto) della giusta misura, o adeguare la misura del collare (se regolabile) alla morfologia del Paziente

A questo punto intervengono le singoli istruzioni del modello in uso.

dopo avere applicato il collare si posizionerà il Paziente su asse spinale / barella a cucchiaio / altri presidi per il trasporto verso l’ospedale di riferimento.

Mai da solo – inutilità pratica

Il collare cervicale è un presidio che, se scelto di applicare ad un Paziente, non deve MAI essere applicato da soli. Se SCEGLIAMO di applicare il collare infatti, avremo fatto diverse considerazioni: dinamica importante, fragilità del Paziente, energie in gioco elevate etc… tutte condizioni che presuppongono una certa cautela nel mobilizzare il Paziente e che ci conducono alla scelta di questo strumento. Se l’antefatto è vero dovremo allora premunirci di preservare al meglio la linearità del tratto del rachide cervicale e modificare il meno possibile questo tratto rispetto al resto della colonna. L’unico modo per essere tutelati è dunque svolgere la manovre di applicazione del collare in almeno due persone, di cui una dedicata all’immobilizzazione del capo e l’altra alla valutazione e alla applicazione dello strumento.

Conseguenze indispensabili

Proseguendo il ragionamento sopra detto: abbiamo fatto una serie di considerazioni che ci hanno spinto ad applicare un tipo di presidio che deve essere applicato in occasioni ben definite. SE abbiamo scelto di applicare il collare, ALLORA il Paziente necessita di essere stabilizzato e trasportato nella maniera più tutelata possibile. SE al Paziente è stato applicato uno strumento di posizionamento, la mossa successiva non potrà che essere il mantenimento della posizione per evitare traumatismi o danni secondari dovuti al trasporto. Gli strumenti che garantiscono l’immobilizzazione per il trasporto sono: asse spinale con cinture di fissaggio e fermacapo completo; materasso a depressione semirigido; barella a cucchiaio omolgata al trasporto e completa di fermacapo e cinture di fissaggio. l’applicazione del collare ESIGE di applicare anche gli strumenti seguenti.

Perchè non usare il collare cervicale in ogni caso

Fatto salvo che in ogni caso sospetto di traumatismo importante il collare cervicale è da applicare, consuderiamo anche che questo presidio potrebbe avere controindicazioni, e dar luogo ad effetrti indesiderati o avversi:

In letteratura son riportati casi di: aumento della pressione intracranica; ridotto afflusso ematico; ab ingestis; iperestensione del rachide cervicale da errata applicazione; scomodità e intolleranza al device;

Effetti avversi e controindicazioni all’uso del collare cervicale

alcuni studi riportano, fra gli effetti avversi dell’uso del collare cervicale:

aumento dello stato di agitazione, aumento della pressione intracranica (sopratutto in presenza di trauma spinale)-dovuto alla compressione del collo, ostacolata gestione delle vie aeree e ostacolata visione generale del collo, aumentato rischio di ab ingestis,

Quando si dovrebbe applicare il collare cervicale ? Una PROPOSTA

Il collare cervicale sarebbe indicato in tutti i casi in cui sospettiamo un trauma di colonna vertebrale, specie nel tratto cervicale (vertebre C1-C7). Le casistiche ed i meccanismi sono i più vari, citiamo:

  • Iperestensione del capo – con dinamica di eccessivo movimento posteriore del capo / collo
  • Iperflessione – dinamica di eccessivo movimento anteriore del capo / collo
  • Compressione – con carico sull’asse verticale del capo
  • Rotazione eccessiva del torso o del collo / capo
  • Stress laterale eccessivo
  • Distrazione – eccessiva trazione della colonna e delle corde nervose del collo

a questo bisogna aggiungere le dinamiche che suggeriscano comunque che si è dissipata una quantità di energia su di un singolo punto, superiore alle resistenze fisiologiche del tratto c1-c7 (es. trauma diretto sul tratto c1-c7);

In ogni caso sarebbe opportuno un uso TEMPORANEO del collare cevicale in tutti i movimenti di trasferimenti dal luogo del trauma alla barella di trasporto/trasferimento

altro caso cui fare molta attenzione è la ridotta resistenza del tratto c1-c7 es. pz con patologie del tessuto osseo di varia natura. Per questo motivo prefereisco sempre tener presente, più che del meccanismo o dell’energia pura, IL RAPPORTO FRA ENERGIA/MECCANISMO D’AZIONE /RESISTENZA FISIOLOGICA:

pare  abbastanza logico che un trauma di debole intensità, applicato ad un paziente con ridotte difese (es un grande anziano), e con un meccanismo traumatico contusivo/distorsivo, possa portare più conseguenze che lo stesso trauma capitato ad un giovane senza alcuna patologia e nel pieno delle sue forze.

Si potrebbe quasi configurare una tabella* di questo tipo , con un rapporto direttamente proporzionale fra le componenti “forza”, “dinamica” e “resistenza”. Da notare l’accento dato alla voce “resistenza” in quanto ritenuto il più importante, che assume quindi valori direttamente proporzionali, ma su una scala in successione numerica più ampia rispetto agli altri due. Aggiungerei 2 punti se si ritiene che il Paziente abbia assunto alcool o droghe (rischio di analgesia). Ovviamente questa proposta deve essere accuratamente valutata sul campo!

* tabella uso collare cervicale (by p.formentini (c) 2015 ) AGGIUNGERE 2 PUNTI IN CASO DI PRESUNTO USO DI ALCOOL/ DROGHE 

FORZA IN GIOCO

DINAMICA

RESISTENZA FISIOL. PRESUNTA

BASSA

1

1

5

MODERATO

2

2

3

ELEVATO

3

3

1

In questa PROPOSTA si presume un rischio di lesione al rachide cervicale, lieve per valori 3 e 4; moderato per valori 5,6,7; elevato per valori 8,9,10,11.

in sostanza, si potrebbe presumere che l’uso del collare cervicale potrebbe essere limitato nel primo caso; dubbio nel secondo; certo nel terzo.

Legenda esplicativa della tabella d’uso del collare cervicale

forza in gioco: si intende l’energia in gioco presunta, intervenuta durante l’evento traumatico; energia bassa: es. incidente automobilistico auto-auto con velocità inferiori/uguali a 30 km/h; caduta da posizione eretta o da altezze < 1 m.; forza media: caduta da altezze >1m ma < 3 m, impatto auto-auto con velocità >30 km/h ma < 50 km/h; forze elevate: caduta da oltre 3 m; impatti auto-auto con velocità > 50 km/h – dinamica: dinamica più o meno importante di come si è svolto il trauma; dinamica non a rischio: caduta a terra da posizioni ortostatica con energia dissipata non in un unico punto ma su una vasta area del corpo; ; dinamica a medio rischio: sbalzato a meno di un metro di distanza dal mezzo, due o più fratture nello stesso segmento osseo; caduta a terra con energia dissipata in un unico punto (es. caduta con impatto su di un angolo di un gradino), impatto auto-auto con velocità >30km/h ma < 50km/h senza cinture o con solo airbag; dinamica ad alto rischio: sbalzati dall’auto/moto per oltre un metro, ferito grave/morto nello stesso mezzo, scaravoltamento del mezzo

resistenze fisiologiche: elevate: pz >6 anni <50; non osteopatie; medie: pz >6aa >50 <70, lieve osteopatie, non crolli vertebrali osteopatie importanti; resistenze fisiologiche basse: età >70, presenza osteopatie. 

Alternative

Attualemente non vi sono alternative al collare cervicale, fatto salvo solamente l’imobilizzazione manuale.

Son stati proposti via via numerosi modelli di collari. tutti soffrono del difetto, che difetto non è – essendo presidio di posizionamento – di non immobilizzare completamente la testa rispetto al resto del corpo. gli ultimi modelli di collare cervicale prodotti, consentono una immobilizzazione maggiore sia in senso laterale che in senso frontale, per contro sono più complicati da gestire e soffrono in maniera più importante di limiti di visualizzazione dei reperi e dell’anatomia del Paziente e sono più difficili da applicare. Rimane valida l’alternativa, in caso di non possibile applicazione di collare cervicale, di immobilizzare manualmente il Paziente e di fissarlo in seguito su asse spinale con cuscini e cinghie.

Conclusioni

Pazienti con ridotte capacità fisiologiche di difesa e resistenza basse (es. anziani o Pz con patologie), dinamiche importanti con alte forze in gioco, suggeriscono l’uso di collare cervicale, anche in assenza di modificazioni morfologiche e/o dolorabilità del rachide; ricordiamo che alcuni studi hanno dimostrato che in pazienti perfettamente coscienti e con fratture del rachide, il dolore alla palpazione della colonna può mancare completamente (27% dei casi).

L’utilizzo del solo collare per stabilizzare il rachide cervicale è sostanzialmente inutile. Alcuni studi e meta analisi suggeriscono che il collare cervicale non sia indispensabile; si potrebbe pensare di utilizzare il collare solo dal punto di raccolta alla definitiva stabilizzazione su asse spinale con cinture di fissaggio e cuscini fermacapo.

se si sceglie di usare il collare cervicale E’ NECESSARIO E LOGICO  UTILIZZARE ANCHE GLI ALTRI PRESIDI DI IMMOBILIZZAZIONE per il trasporto.

Sarebbe utile riconsiderare protocolli di intervento e i protocolli di applicazione dei presidi di immobilizzazione considerando anche eventuali effetti collaterali e/o indesiderati

P.Formentini RN

Bibliografia essenziale

primo fra tutti il più recente e bell’articolo (2015) : Why EMS Should Limit the Use of Rigid Cervical Collars http://www.jems.com/articles/print/volume-40/issue-2/patient-care/why-ems-should-limit-use-rigid-cervical.html

ILCOR SPINAL MOTION RESTRICTRION POSTED FOLLOWING ILCOR MEETING TASK FORCE DISCUSSION ON 4 FEBRUARY, 2015

http://news.doccheck.com/it/blog/post/1432-uso-del-collare-cervicale-nei-traumi-nuovi-dubbi-sulluso-del-collare-cervicale-nei-traumi-lo-studio-norvegese/

Sundstrøm T, Asbjørnsen H, Habiba S, Sunde GA, Wester K. Prehospital use of cervical collars in trauma patients: a critical review. J Neurotrauma. 2014 Mar 15;31(6):531-40. doi: 10.1089/neu.2013.3094

Kim EG1, Brown KM, Leonard JC, Jaffe DM, Olsen CS, Kuppermann N; C-Spine Study Group of the Pediatric Emergency Care Applied Research Network (PECARN).Variability of prehospital spinal immobilization in children at risk for cervical spine injury. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23528499

Licenza Creative Commons Quest’opera è distribuita con Licenza .  Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

IL PRESENTE ARTICOLO NON VUOLE E NON PUÒ’ SOSTITUIRSI AL CONSULTO DI PERSONALE MEDICO SPECIALIZZATO E A PERSONALE INFERMIERISTICO SPECIALIZZATO, MA E’ FATTO A SOLO SCOPO DIVULGATIVO. CONSULTARSI SEMPRE CON UN UN MEDICO; UN MEDICO ANESTESISTA-RIANIMATORE; UN INFERMIERE, PER LE RACCOMANDAZIONI DEL CASO

 

Usare gli strumenti giusti – il K.E.D.

L’ESTRICATORE , QUESTO SCONOSCIUTO

P. Formentini RN 
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IL PRESENTE ARTICOLO NON VUOLE E NON PUÒ’ SOSTITUIRSI AL CONSULTO DI PERSONALE MEDICO SPECIALIZZATO E A PERSONALE INFERMIERISTICO SPECIALIZZATO, MA E’ FATTO A SOLO SCOPO DIVULGATIVO. CONSULTARSI SEMPRE CON UN UN MEDICO; UN MEDICO ANESTESISTA-RIANIMATORE; UN INFERMIERE, PER LE RACCOMANDAZIONI DEL CASO


In realtà tutti quanti conosciamo lo strumento in questione (o strumenti simili), ma spesso abbiamo poca famigliarità con l’uso (e l’abuso) di questo utilissimo device. Vediamo assieme cosa è l’aggeggio in questione.

Cosa è

l’estricatore, genericamente è chiamato spesso e volentieri K.E.D. (Kendrik Extricator Device)(r). In realta K.E.D.(r) è un marchio di proprietà di Ferno(r). Altre ditte chiamano questo device in altri modi: S.E.D.(r), EXTRICATOR(r), ETC…

Inizialmente si pensava al suo uso per “tirare fuori” nel più breve tempo possibile un paziente, con un minimo di tutela in più per il rachide del Paziente. Nel tempo, il suo uso si è un po’ modificato: vuoi per i protocolli di soccorsi e le tecnologie migliorate – si pensi all”estricazione / scarcerazione da parte del personale dei VVFF (sempre siano ringraziati!)- un po’ perchè alla fine il suo uso si è ridimensionato, attenzione però, ridimensionato non significa inutile!

cosa è allora l’estricatore? potremmo definirlo come un device di tutela e parziale immobilizzazione del rachide, indicato per alcune manovre di movimentazione, utile nell’estrazione del paziente o, in casi limite, all’immobilizzazione di emergenza di Pazienti Pediatrici ed altri usi atipici.

Uno strumento poco utilizzato

Nella realtà quotidiana questo strumento è poco utilizato, vuoi per la complessità relativa del suo utilizzo, vuoi perchè, spesso e volentieri, si preferisce la velocità a scapito della sicurezza della mobilizzazione, ma …ha senso tutto ciò? analizziamo il problema. In europa, si predilige, quando possibile, lo “STAY AND PLAY” pittosto che lo “SCOOP & RUN” di scuola Statunitense / Anglosassone, ovvero, quando possibile, meglio stabilizzare il Paziente nel miglior modo possibile (tranne nei traumi penetranti, ove l’evidenza è a favore della velocità), prima di procedere al trasporto. L’estricatore si inserisce proprio in quest’ottica, ovvero: stabilizzare e tutelare il Paziente, per effettuare un trasferiemnto ed un trasporto sicuro. 

Quando utilizzarlo – Le Indicazioni

Abbiamo già accennato al fatto che lo scopo principe di questo strumento sia l’estricazione è intesa in senso lato,  più che altro si tratta di utilizzarlo per trasferire il Paziente da una postura ad un altra e da un luogo (auto etc..) ad un altro, con maggior sicurezza per il Paziente e SOLO A CERTE CONDIZIONI, ovvero:

  • quando si è in sicurezza
  • quando le condizioni del Paziente non sono critiche
  • quando vi è necessità di spostare il Paziente con sospetto traumatismo di colonna
  • quando l’energia dissipata nell’incidente / trauma è elevata
  • quando dobbiamo fare assumere al Paziente di cui sopra la posizione supina, partendo da una posizione seduta / semiseduta
  • quando dobbiamo spostare il Paziente da un luogo ad un altro dovendo effettuare movimenti col paziente evitando qualsiasi rischio di torsione e preservando la linearità e la stabilità della colonna

Quando NON utilizzarlo – LE CONTROINDICAZIONI

esistono controindicazioni all’uso dell’estricatore ? si, vi sono alcuni casi da tenere presente:

controindicazioni assolute

  • pericolo imminente o fortemente probabile per i soccorritori (es. pericolo di incendio)
  • pericolo di vita imminente o fortemente probabile per il Paziente (es. periarresto cardiaco)
  • condizioni critiche in A-B-C
  • in tutti i casi in cui si debba privilegiare la sicurezza, l’incolumità e la vita del Paziente, PRIMA della prevenzione di danni secondari al rachide
  • Pazienti di oltre 250 kg
  • impossibilità ad utilizzare il device per motivi di spazio e nessun aiuto a disposizione (da esempio VVFF)
  • necessità di SCOOP & RUN

controindicazioni relative (il device deve essere usato con precauzione e modificandone l’applicazione)

  • frattura di femore / bacino
  • Paziente gravida
  • presenza di corpo estraneo nella sede di applicazione del device
  • compressione/trauma toracico importante e/o compromissione della normale dinamica respiratoria
  • necessità di mobilizzazione del Paziente prima dell’applicazione del device
  • postura obbligata del collo del Paziente

Come Utilizzarlo (in linea generale)

Il primo consiglio è quello, ovviamente, di seguire le norme allegate allo strumento (che obbligatoriamente devono accompagnare il device e devono essere in italiano).

in linea generale possiamo individuare alcuni punti:

PREMESSA
  • essere in sicurezza
  • avere il necessario spazio e non avere controindicazioni assolute all’applicazione del device
  • RAGIONARE su eventuale controindicazioni relative ed adattare il protocollo di conseguenza
  • ragionare sul posizionamento della barella di trasferimento (spinale o similari)
  • ragionare sulla “via di uscita” del Paziente, una volta applicato il device

Procedura

  1. immobilizzare manualmente la testa del Paziente
  2. applicare un collare cervicale per il posizionamento corretto del rachide cervicale
  3. allineare l’asse tronco-collo
  4. creare un minimo spazio per l’applicazione del device (manovre di avanzamento del bacino)
  5. controllare eventuali punti dolenti del rachide, tramite palpazione, prima dell’inserimento del device
  6. liberare eventuali ostacoli (maglioni arrotolati etc…)
  7. applicare il device entrando lateralmente, dalla parte rastramata, prima a 90°, poi portando verso l’alto la parte rastremata, infine scendendo con la parte più larga verso il bacino del paziente
  8. aprire le “ali” del device e sganciare le cinghie di fissaggio coscie, porre queste ai lati del paziente
  9. passare le cinghie coscia al di sotto delle gambe del paziente e con manovra “a sega” portarle verso l’inguine del paziente
  10. chiudere le cinghie coscia
  11. aprire la cinghia toracica centrale e fissarla senza serrare troppo
  12. aprire e fissare le altre cinghie toraciche senza serrare troppo
  13. inserire eventuali spessori a testa / spalle
  14. sollevare in maniera simmetrica il device in modo da fare combaciare il device con le ascelle del Paziente
  15. serrare in maniera definitiva tutte le cinghie
  16. chiudere e fissare la testa con le relative cinghie per il capo

A questo punto,  col rachide cervicale del Paziente immobilizzato ed il rimanente tratto relativamente stabile, possiamo procedere con la manovra successiva, che sarà quella di posizionamento sulla barella di trasferimento.

A seconda della via di uscita ci troveremo ad effettuare una manovra di rotazione, di abbattimento, o di entrambe.

Le manovre di rotazione / abbattimento devono essere fatte in contemporanea, prendendo in considerazione anche il segmento degli arti inferiori. Utilizziamo, quando possibile, le maniglie del device, più che punti di repere sul Paziente stesso!

Ricordiamolo: l’estricatore ci serve principalmente per la manovra di rotazione e successiva evacuazione dalla posizione in cui si trova il Paziente, ad una barella di trasferimento (tipicamente asse spinale),  non per fare camminare successivamente il paziente!!! (al pari di tanti Pazienti camminanti con collare cervicale che sicuramente avranno il collo al caldo…)

Casi Particolari

Come sempre accade, il caso tipico non esiste MAI! ricordiamo dunque che il concetto che ci deve guidare è il mantenimento della linearità del rachide cervicale, per evitare trazioni di un segmento osseo rispetto ad un altro, durante le manovre di spostamento del Paziente, trazioni separate che causerebbero inevitabilmente danni.

posizione obbligata del collo

controllare eventuali sanguinamenti / edemi (anche interni); NON FORZARE UN POSIZIONAMENTO LINEARE; fissare, aiutandosi con le “alette” del device, la testa, nella posizione di reperimento.

Paziente gravida

Evitare compressioni su addome / seno,  incrociando le cinture tra seno ed addome (incrocio “a stella” a due o tre cinture fra seno e addome)

Paziente Monitorato / applicazione ed uso di DAE

Far sempre riferimento al manuale d’uso; in generale esporre il torace. ATTENZIONE! alcuni estricatori fanno uso di materiale metallico ed in caso di defibrillazione possono verificarsi effetti indesiderati / dissipazione di energia

Utilizzi NON CONVENZIONALI dell’estricatore

in alcuni estricatori (NON IN TUTTI) è previsto L’USO NON CONVENZIONALE del device come ausilio in altri ambiti; ad esempio:

  • stabilizzazione del bacino: tramite applicazione inversa del device e chiusura della parte rastremata sulle gambe
  • stabilizzazione del femore: applicazione del device in maniera inversa, con la parte non rastremata a livello dell’anca e fissaggio della gamba omolaterale tramite la parte rastremata
  • Immobilizzazione completa del bambino al pari di un’asse spinale: tramite fissaggio e avvolgimento dell’intero paziente, riempendo con una coperta eventuali spazi vuoti creati sopra e ai lati del device

Uso dell’estricatore in altri ambiti

Possiamo usare l’estricatore in altri ambiti che non siano il classico Paziente seduto in auto? si, in generale quando occorra fare una manovra di rotazione/torsione e spostare il Paziente da una posizione seduta / semiseduta ad una posizione supina, osservando tutte le condizioni descritte sopra.

Algoritmo di uso dell’estricatore (proposta)

ked-r2

Togliere l’estricatore: quando e come

Una delle difficoltà maggiori, anche perchè non vi è consenso in merito, è il come e il quando togliere il device. Abbiamo osservato che lo strumento in questione ci serve per un periodo relativamente breve e solo per poche manovre, esaurite le quali, in teoria, il device non ci occorre più. A questo punto si potrebbe immediatamente togliere, ma ovviamente la teoria si scontra con la realtà. Peronalmente e con gli anni di pratica alle spalle, ho notato che l’estricatore si può tranquillamente lasciare sul Paziente anche una volta al sicuro sul mezzo di trasporto. Utile però rilasciare quanto prima tutte le cinture, vuoi per scoprire il torace ed effettuare un esame test-piedi, vuoi per assicurare maggiore comodità al Paziente, che sarà comunque a breve fissato da altro dispositivo (“ragno” o fast belt).

Conviene togliere in sicurezza il device, magari in pronto soccorso, al caldo,  con tutte le cautele, lo spazio e la calma possibile. Tenete presente che in alcuni casi il device è certificato come radiotrasparente ed il Paziente può quindi effettuare un esame radiologico prima di togliere ogni presidio. Uno dei metodi è la seguente procedura:

  1. assicurarsi che non vi siano segni / sintomi di lesione del rachide
  2. vincolare il capo del Paziente manualmente
  3. sganciare e liberare tutte le cinture (i cosciali verso l’esterno)
  4. togliere il device facendolo scorrere in direzione della testa del paziente

LAVAGGIO E STOCCAGGIO (questi sconosciuti)

gli estricatori NON sono tutti uguali, nè come materiali, nè come metodo di costruzione. Ad esempio alcuni estricatori sono costruiti in pezzo unico termosaldato, altri presentano delle cuciture. Nel primo caso possiamo effettuare un lavaggio ed una disinfezione diretta, nel secondo il materiale biologico potrebbe penetrare all’interno del device ed occorre quindi un lavaggio a pressione ed una disinfezione molto più accurata. Alcuni device hanno l’omologazione per il trasporto verticale (verricello), altri ancora delle estensioni per pazienti obesi. In ogni caso, fare SEMPRE riferimento al manuale di uso e manutenzione dello strumento e stoccare il device nella maniera corretta per l’utilizzo successivo.

 

P. Formentini RN 
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Chi Comanda qui ?

Salve a tutti. Una recente diatriba, col mio medico di auto medica, ha riacceso gli animi fra le due professioni.

Mettiamo alcuni “punti fermi”:

1) Non esiste una precisa indicazione di legge che determini chi debba guidare l’automedica, di nessun tipo. A livello locale possono essere date solo “indicazioni” di massima inerenti l’organizzazione interna del servizio / U.O.

Il codice della strada infine prescrive che chi guidi questo tipo di mezzo debba avere solamente 21 anni e nulla più (art. 115 e mod. del CdS)

2) Il medico è il più “alto in grado” ed è responsabile del processo medico – clinico decisionale

3) l’Infermiere è responsabile unico della assistenza Infermieristica, effettua diagnosi Infermieristiche e opera in ambito autonomo, collaborativo e subordinato

4) esiste una responsabilità, anche legale, “di team” (di equipe) che include tutte le persone, più o meno qualificate, all’interno del team di soccorso extraospedaliero

5) esiste altresì una responsabilità effettiva, diretta e personale per ciascun membro del team, di volta in volta determinata dal ruolo all’interno dell’organizzazione, dalla professionalità e anche, dalle competenze in possesso dei singoli.

fatte queste premesse: chi comanda? chi fa cosa?

In un ambito copsì specialistico e delicato, come l’emergenza extraospedaliera, appare scontato che si applichi un’organizzazione di lavoro di EQUIPE. In Italia, purtroppo, complici le leggi, le lobby varie ed altro ancora, questo accade nelle simulazioni dei vari corsi (non sempre) e molto meno nel lavoro quotidiano. Si aggiunga poi una organizzazione sanitaria a “macchia di leopardo” ed assolutamente difforme da regione a regione, ma anche da singole provincie o addirittura, fra aziende e la confusione è completa.

Andiamo avanti con la disamina:

La Responsabilità di Equipe

Si definisce attività in equipe, quella contraddistinta dalla partecipazione e collaborazione tra loro di più medici e sanitari, che interagiscono per il raggiungimento di un obiettivo comune ( RESPONSABILITA’ DEL MEDICO  Luca D’Apollo)

Il Principio di Divisione degli obblighi

E’ quello per cui ognuno deve ottemperare agli obblighi propri della disciplina e dei doveri di competenza. In realtà, stante le attuali competenze, complessità e avanzamenti tecnico-professionali (ed etici), tale principio appare molto meno importante rispetto ai tempi dei “mansionari”.

Il Principio di affidamento

La Cassazione, nel definire il suddetto principio, ha usato le seguenti espressioni :

– “principio secondo il quale ciascuno può contare sull’adempimento, da parte degli altri, dei doveri su di essi incombenti” (Cass. pen., Sez. IV, 26 gennaio 2005, n. 18568);

– “principio secondo il quale ogni consociato può confidare che ciascuno si comporti adottando le regole precauzionali normalmente riferibili al modello di agente proprio dell’attività che di volta in volta è in esame, ed ognuno deve evitare unicamente i pericoli scaturenti dalla propria condotta”; in altri termini, “significa semplicemente che di regola non si ha l’obbligo di impedire che realizzino comportamenti pericolosi terze persone altrettanto capaci di scelte responsabili” (Cass. pen., Sez. IV, 26 maggio 1999, n. 8006).

“Tale soluzione si fonda sul principio di autoresponsabilità, per cui ciascuno è tenuto a rispondere solo del proprio operato, che dovrà naturalmente essere improntato al rispetto delle regole di diligenza, prudenza e perizia, senza che il singolo sia gravato dell’obbligo di sorvegliare altresì l’operato altrui.” (Fabrizio Pregliasco – Direttore Sanitario Casa di Cura Ambrosiana, Cesano Boscone (Mi)

Dunque il principio di affidamento pare togliere responsabilità al singolo, anche in capo all’equipe, a favore delle singole competenze e responsabilità…non è proprio così, e la cosa è confermata sia da vari pronunciamenti di Corte di Cassazione che dalla Normativa vigente, in cui si evidenzia come vi siano numerosissime ed importanti deroghe al principio di affidamento sopra menzionato.

Le “competenze medie”

Nell’ambito di una eventuale ricerca di responsabilità, la misura in cui si determina la colpa / il dolo di un Professionista, sono le competenze medie richieste per il ruolo ricoperto, ovvero: se faccio l’Infermiere di auto medica, devo conoscere ed avere un patrimonio scientifico / clinico nella media di coloro che fanno la stessa Professione (altrimenti le responsabilità si allargano anche altrove) e per le quali possa essere poi tacciato di negligenza/imperizia/imprudenza con o senza dolo, o omissione, o comunque di qualsiasi comportamento che possa danneggiare il Paziente con la mia azione (o la mia NON azione).

Fatta questa premessa è doveroso ricordare che ogni Professionista risponderà quindi per le competenze medie in suo possesso (o, nel caso di corsi abilitanti, anche delle competenze specialistiche singole).

Tutti i Professionisti Sanitari sono Costituzionalmente GARANTI della salute dei loro Pazienti (artt 2 e 32 della Costituzione) e l’obbligo di protezione sussiste per tutta la durata del servizio / turno (fino all’affidamento del Paziente a Struttura o U.O. diversa). L’attività di “Equipe”, molto comune nell’emergenza extraospedaliera, trova la sua espressione nell’intervento congiunto di vari Professionisti (medici, Infermieri, Specialisti) ed anche non Professionisti (volontari etc…)

Chi fa cosa

nell’ordine di responsabilità e nel caso di comparsa contemporanea delle varie figure, in ambito extra ospedaliero, ecco la gerarchia individuata dalla normativa:

1) Anestesista / Rianimatore

2) Medico

3) Infermiere

4) Operatore Tecnico

5) Volontario formato

MA…

Nel nostro mestiere non si arriva quasi mai assieme…in questo caso i primi a giungere iniziano a fare e sono responsabili di ciò che fanno per le competenze in loro possesso INCLUSO IL FATTO DI DOVER ATTIVARE RISORSE AGGIUNTIVE (es. l’attivazione dell’ AUTO MEDICA O ELICOTTERO).

Ciascun sanitario, quando opera con altri sanitari, inoltre, non solo è responsabile di quanto di sua competenza, delle sue mansioni etc…, ma in equipe diviene una garanzia di corretto comportamento degli altri componenti (in base ovviamente al suo livello di competenza professionale). Da qui una importante deroga al principio di affidamento sopra detto.

Facciamo degli esempi ?

1) Arriviamo con un ambulanza con Infermiere e Operatore Tecnico del Soccorso (per me non sono autisti, ma personale specializzato), sul luogo di un evento traumatico in strada. L’infermiere inizia a prestare Soccorso assieme all’Operatore, seguendo peraltro linee guida internazionali validate. Ad un certo momento l’Infermiere si accorge che non riesce a far fronte alla problematica e fa attivare auto medica ed elicottero.

A) Dal momento dell’arrivo l’Infermiere è Leader e responsabileper tutto ciò che concerne l’Assistenza Infermieristica e il Soccorso con le relative tecniche codificate; è inoltre responsabile per l’attivazione dei mezzi avanzati. L’operatore Tecnico, se conosce le tecniche di base del soccorso, può suggerire / rifiutarsi di fare azioni attinenti al suo grado di preparazione ed a ciò che quelle azioni conseguono (es. può rifiutarsi di eseguire un massaggio cardiaco a paziente cosciente-per estremizzare-) e può certamente essere responsabile di tutto il capitolo “sicurezza”.

2) Arriva in primis l’auto medica

B) il responsabile diviene il medico e, quanto si è detto prima per l’Operatore Tecnico vale ora anche per l’Infermiere che ad es. può rifiutarsi -sempre estremizzando il concetto- di trasportare il paziente che ha subito un grave trauma, senza assicurare lo stesso ad un sistema tipo “asse spinale”, poichè le conoscenze del professionista Infermiere sono sufficenti ed idonee a comportarsi di conseguenza.

3) Giunge l’elicottero con anestesista rianimatore a bordo

C) il responsabile è ora quest’ultimo e la catena si allunga. ovviamente anche il medico ha delle competenze e può utilizzare queste se il responsabile desse ordini completamente al di fuori o incongruenti con le buone norme della attività clinica richiesta in quel momento.

Il tema come vedete, nell’attività di tutti i giorni è spinoso, ma si presenta sempre con maggior frequenza, vuoi per la crescita professionale delle figure Infermieristiche e dei protocolli di soccorso pre ospedaliero, vuoi perchè la legislazione, nel mondo sanitario è quanto mai chiamata in causa.

vi lascio con altri esempi analizzati dalla corte costituzionale

saluti

Paolo F.

Cassazione n. 44830/2012 –

Il capo-équipe, il direttore di reparto, il secondo chirurgo e l’anestesista rispondono della morte di un paziente, avvenuto nella fase post-operatoria, per non aver adeguatamente organizzato misure adeguate per fronteggiare eventuali rischi respiratori.
“In presenza di un rischio grave, evidente e macroscopico, afferente le competenze professionali proprie di ciascun medico, rispondono tutti i componenti dell’equipe, a prescindere dalle specifiche competenze di ognuno”.

Fonte: La responsabilità dell’equipe medica
(www.StudioCataldi.it)

Cassazione penale , sez. IV, sentenza 09.06.2011 n° 23298

In materia di colpa professionale di equipe, ogni sanitario è responsabile non solo del rispetto delle regole di diligenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma deve anche conoscere e valutare le attività degli altri componenti dell’equipe, in modo da porre rimedio ad eventuali errori posti in essere da altri, purché siano evidenti per un professionista medio, giacché le varie operazioni effettuate convergono verso un unico risultato finale.

Di conseguenza, il sanitario, in virtù della posizione di garanzia assunta nei confronti del paziente, è chiamato a rispondere anche delle attività del personale infermieristico cui delega o affida l’esecuzione di attività materiali, strumentali all’esecuzione dell’intervento (fattispecie relativa all’omessa rimozione di una garza a seguito dell’intervento). (1)

(*) Riferimenti normativi: art. 590 c.p.
(1) In senso conforme si veda Cass. Pen., sentenza 6 aprile 2005, n. 22579.

(Fonte: Massimario.it – 33/2011. Cfr. nota su Altalex Mese – Schede di Giurisprudenza)

Cass. pen. Sez. IV, 02-03-2004, n. 24036

“In tema di colpa professionale, nel caso di “equipes” chirurgiche e, più in generale, in quello in cui ci si trovi di fronte ad ipotesi di cooperazione multidisciplinare nell’attività medico-chirurgica, sia pure svolta non contestualmente, ogni sanitario, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, è tenuto ad osservare gli obblighi ad ognuno derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio o facendo in modo che si ponga opportunamente rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali e, come tali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio”. (Cass. pen. Sez. IV, 02-03-2004, n. 24036) – See more at: http://www.laprevidenza.it/notizie/leggi-e-normative/responsabilita-medica-d-equipe-errore-evidente-e-principio-di-affidamento-cassazione-sez-iv-penale-sentenza-12072006-n-33619#sthash.y9o1EWXu.dpuf

sentenza nr. 36229/14

“in definitiva, sia con riguardo alla posizione del chirurgo che della infermiera, va necessariamente rimarcato che il controllo di cui si discute è mirato a fronteggiare un tipico, ricorrente e grave rischio operatorio: quello di lasciare nel corpo del paziente oggetti estranei. Esso è conseguentemente affidato all’intera equipe, proprio per evitare che la pluralità dei difficili compiti a ciascuno demandati, le imprevedibili contingenze di un’attività intrinsecamente complessa come quella chirurgica, la stanchezza o la trascuratezza dei singoli, o altre circostanze possano comunque condurre ad un errore che ha conseguenze sempre gravi. Si richiede, dunque, l’attivo coinvolgimento di tutti i soggetti che intervengono nell’atto operatorio. Essi devono attivamente partecipare alla verifica. In conseguenza, non è prevista né sarebbe giustificabile razionalmente la delega delle proprie incombenze agli altri operatori, poiché ciò vulnererebbe il carattere plurale, integrato del controllo che ne accresce l’affidabilità”. La Corte di Cassazione ha rilevato in particolare che “per ciò che riguarda la posizione del chirurgo l’obbligo di controllo non può ritenersi soddisfatto con il semplice affidamento di essa ad una infermiera, senza interessarsi al suo esito, come ritenuto dall’imputato. La verifica, infatti, implica un controllo attivo che va compiuto interpellando personalmente il personale incaricato e chiedendo i dati numerici dei diversi conteggi; cosa che pacificamente non è stata fatta”

Speciale! APP ANDROID dell’ EMERGENZA

Vorrei farvi partecipe della mia selezione di APP per L’EMERGENZA SANITARIA in ambiente ANDROID (ovviamente la prima è il vademecum di emergenza del sottoscritto 😉  )

ovviamente ce ne sono miglialia, ma per iniziare queste sono ottime (senza perdersi in centomila loghi da mettere sul vostro smartphone)

eccovi dunque la selezione ed i relativi link
ANESTESISTA
ottima app in cui basta inserire peso ed età del Paziente per avere paramentri, dosaggi farmacologici, e misure dei presidi necessari
versione grautita:
https://play.google.com/store/apps/details?id=com.shahlab.anesthesiologist
versione senza pubblicità
https://play.google.com/store/apps/details?id=com.shahlab.anesthesiologist.adfree
QXMED CALCULATOR
calcolatore di parametri clinici
https://play.google.com/store/apps/details?id=com.qxmd.calculate
Epocrates
Eccezionale factotum clinico: calcolatore/risorse on line/alert etc…
https://play.google.com/store/apps/details?id=com.epocrates
PUB MED MOBILE
 
https://play.google.com/store/apps/details?id=com.bim.pubmed
Wikipharm+
prontuario farmaceutico free basato su wikipedia
https://play.google.com/store/apps/details?id=it.seekout.apps.wikipharmp
SMART PHARMA LIGHT (free)
prontuario farmaceutico
https://play.google.com/store/apps/details?id=com.eperto.app.smartpharma
 
Arterial blood
calcolo emogas rapido
https://play.google.com/store/apps/details?id=appinventor.ai_malhotra_gaurav.ArterialBloodGas
Medscape
Manuale di Patologia Medica
https://play.google.com/store/apps/details?id=com.medscape.android

A volte capita a noi…

A volte capita, aimè, di stare dall’altra parte. Mi è capitato con mio figlio di 6 anni. Un improvvisa TPSV scoperta ascoltando il cuoricino del piccolo che mi diceva di sentire la “nebbia nel petto” ed una frequanza di 230-240 bpm.

Arrivato in fretta (non me ne vogliano i tutori del codice) al pronto soccorso, dichiaro con termini clinici la tachiaritmia del bimbo ed il sospetto. I (bravi) Infermieri del Pronto Soccorso Pediatrico mi danno un codice di priorità e mi fanno entrare con precedenza.

In P.S. Pediatrico lo staff Medico-Infermieristico interviene con le consuete manovre non invasive salvo poi reperire un accesso venoso e, una volta giunto il cardiologo, praticare digossina 0,1 mg/kg in bolo rapido, seguito da lavaggio altrettanto rapido.

La TPSV si è risolta, per fortuna, subito e senza conseguenze.

Poi si è andati in reparto.

Anche qui abbiamo trovato professionisti medici ed Infermieri seri, preparati e disponibili, che ci han fatto fare tutto l’iter di controlli del caso e poi dimessi.

Cosa non quadra in tutto ciò?

Ve lo spiego subito: da Professionista Infermiere quale sono (ipercritico ed assolutamente rompiscatole!) non ho potuto fare a meno di notare la discrepanza fra la tipologia e le mansione dei colleghi in Pronto Soccorso e quelli del Reparto.

In un caso ci troviamo di fronte ad un team che lavora a concerto, nell’altro, complici un sacco di fattori, ci siam trovati di fronte ad Infermieri oberati di lavoro che altro non possono rispondere se non con una divisione “per compiti” della loro arte.

Mi son trovato così di fronte a personale preparatissimo costretto a correre per cambiare una flebo o rifare un letto (per carità nursing di base fondamentale) e dall’altra parte mi son trovato di fronte a personale medico, altrettanto preparato e disponibile che ha seguito tutto l’iter clinico, assistenziale, educativo, pedagogico e quant’altro. Anche in quest’ultimo caso, ovviamente, personale medico oberato di lavoro (per fortuna in quell’ospedale tante mansioni per compiti vengono svolte da specializzandi e tirocinanti medici!).

Notate qualcosa che non funziona?

Io sì,

ho notato una mortificazione del ruolo che compete l’Infermiere di reparto e un altrettanto elevato carico di lavoro sui medici.

Si può fare diversamente?

Si, certo ed il problema non è solo in risorse umane, che pure mancano (siamo lo stato con MENO INFERMIERI PRO CAPITE IN EUROPA ED UNO CON MENO INFERMIERI PRO CAPITE AL MONDO- e con più medici pro-capite al mondo), ma anche organizzativo e gestionale.

La colpa? Di tutti! A partire da noi Infermieri, che non ci ritagliamo il ruolo che ci compete, che non ci facciamo forti della nostra cultura e del nostro specifico che è e rimane L’ASSITENZA e siamo RESPONSABILI DELL’ASSISTENZA in toto, non solo per flebo o rifacimento letti.

Lo ripeto, sono abituato male. In 118 ci siamo conquistati, anche a causa della vacanza medica, un ruolo altisonante, di responsabilità ed in molti casi invidiabile; il nostro è spesso un lavoro di TEAM fra tutte le figure dell’emergenza (medici, infermieri, volontari, autisti, forze dell’ordine, vvff etc…) con cui volente o nolente si DEVE lavorare ed in cui se si fa team si salvano vite, ma anche altre U.O. hanno fatto lo stesso: Pronto soccorsi, Rianimazioni, Dialisi ed altri ancora; perché non è possibile migliorare il lavoro per il Paziente anche in altre realtà e tipologie di lavoro?

Questo mio articolo vuole essere una provocazione ed una riflessione di partenza, anche dopo la scellerata ordinanza della regione Emilia Romagna che anzichè adottare politiche di responsabilizzazione di medici e di infermieri e di incentivi al “teamwork”, altro non pensa che basti dequalificare l’infermiere a “portatore di padella” e riqualificare la badante al ruolo di responsabile dell’assitenza.

Saluti

p.f.

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Amici dellogo_118

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questo blog, derivato dall’omonima pagina creata su facebook, vuole essere il punto di partenza di una associazione che si sta costruendo. l’associazione vuole promuovere il lavoro, l’impegno e la dedizione di tutti quei professionisti che lavorano nel sistema 118, siano essi Autisti, Infermieri, Medici. In ogni caso Professionisti che si dedicano al Soccorso e all’Emergenza – Urgenza extraospedaliera.